Il dibattito sulla natura finanziaria o previdenziale delle polizze unit linked non sembra sopito.
Tra i diversi orientamenti che si sono fatti strada nel panorama giurisprudenziale sono rimaste a contendersi il campo:
– la tesi della natura mista (finanziaria e previdenziale) del modello unit linked, inaugurata dalla Cass. n. 6319/2019;
– la tesi dell’integrale connotazione previdenziale, sostenuta dalla giurisprudenza di merito (C.T. Reg. Lombardia nn. 1864 e 1865/2021; Trib. Bergamo n. 2426/2019), in quanto conforme alle evoluzioni della normativa e della giurisprudenza comunitarie.
La Cassazione, con la recente sentenza 12.2.2024 n. 3785, si è espressa a favore del primo indirizzo, enunciando il principio secondo cui il requisito indispensabile ai fini del riconoscimento della funzione previdenziale delle polizze unit linked è l’assunzione del rischio demografico in capo all’assicuratore. Sono, pertanto, riconducibili entro la categoria delle assicurazioni sulla vita ex art. art. 2 co. 3 del Dlgs. 209/2005 le “guaranteed unit linked” (che garantiscono all’assicurato la restituzione del capitale, prevedendo la possibilità di una maggiorazione minima) e le “partial guaranteed unit linked” (le quali riconoscono all’assicurato una garanzia di restituzione solo parziale dei premi versati). Restano, invece, escluse, con conseguente inapplicabilità dell’art. 1923 c.c., le unit linked c.d. “pure”, ove la restituzione del capitale dipende totalmente dalle oscillazioni del mercato, mentre l’evento legato alla durata della vita umana viene in rilievo soltanto come parametro di individuazione del momento storico in cui verrà liquidata la polizza.