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Licenziamento disciplinare intimato senza la preventiva contestazione dell’addebito (Trib. Torino 20.5.2024 n. 733) 

La recente sentenza del Tribunale di Milano – Sezione Lavoro, affronta una controversia tra un lavoratore, assunto come European Sales Manager, e la sua datrice di lavoro, una società britannica con ufficio di rappresentanza in Italia. La decisione analizza aspetti cruciali riguardanti il licenziamento disciplinare, le procedure di contestazione, e i diritti dei lavoratori all’interno del quadro normativo italiano ed europeo.

Il Caso

Il lavoratore ricorrente, assunto nel settembre 2020 con decorrenza dal 1° dicembre 2020, è stato licenziato per giusta causa il 10 gennaio 2023 a causa di una presunta scarsa performance di vendita. Il licenziamento è avvenuto senza una preventiva contestazione formale dei fatti addebitati, violando così le norme procedurali previste dall’art. 7 dello Statuto dei Lavoratori (St. Lav.).

Il ricorrente ha contestato il licenziamento sia per la mancanza di una corretta procedura disciplinare sia per l’insussistenza dei motivi addotti dalla datrice di lavoro. Inoltre, ha sostenuto che, ai fini del calcolo del requisito dimensionale per l’applicabilità delle tutele previste dall’art. 18 St. Lav., dovrebbero essere considerati anche i dipendenti della società nel Regno Unito.

I Motivi della decisione

  1. Violazione procedurale:
    Il Tribunale ha rilevato una grave violazione procedurale da parte della società, che ha licenziato il lavoratore senza una preventiva contestazione disciplinare e senza concedere un termine per le sue difese. La comunicazione del licenziamento è stata considerata come una sanzione disciplinare inflitta senza seguire le procedure previste dall’art. 7 St. Lav., rendendo così nullo il provvedimento.
  2. Requisito occupazionale:
    Per l’applicazione delle tutele previste dall’art. 3 DLgs. 23/2015, il Tribunale ha stabilito che il computo dei lavoratori deve riferirsi esclusivamente ai dipendenti impiegati in Italia. Le recenti pronunce della Corte di Cassazione indicano che, per società estere con sede secondaria in Italia, il calcolo del numero dei dipendenti ai fini dell’art. 18 St. Lav. deve riguardare solo i lavoratori presenti sul territorio nazionale.
  3. Insussistenza del requisito dimensionale:
    Considerato che la società ha un solo dipendente in Italia, il Tribunale ha concluso che non si raggiungono i requisiti dimensionali previsti per l’applicazione delle tutele dell’art. 18 St. Lav. Pertanto, il licenziamento del ricorrente può essere tutelato solo ai sensi dell’art. 9 DLgs. 23/2015, che prevede un’indennità risarcitoria pari a sei mensilità di retribuzione.
  4. Mancata valorizzazione dell’auto aziendale:
    La domanda del ricorrente relativa alla valorizzazione economica dell’auto aziendale è stata respinta. Il Tribunale ha rilevato che il veicolo, pur acquistato con fondi della società, era di proprietà del lavoratore e utilizzato per scopi personali e professionali. Non vi è stato alcun diritto alla valorizzazione economica del benefit in busta paga.

Conclusioni

La sentenza del Tribunale di Milano sottolinea l’importanza di seguire rigorosamente le procedure disciplinari previste dalla legge. La decisione chiarisce che, in caso di società estere con sedi secondarie in Italia, il calcolo del requisito dimensionale per l’applicabilità delle tutele dell’art. 18 St. Lav. deve riguardare solo i dipendenti impiegati in Italia.

Inoltre, la sentenza ribadisce che la violazione delle procedure disciplinari può rendere nullo il licenziamento, anche quando vi siano presunte carenze di performance da parte del lavoratore. La decisione evidenzia l’importanza di garantire un equo processo disciplinare e di rispettare i diritti dei lavoratori, offrendo una tutela adeguata anche nelle situazioni di piccole imprese.

Questa sentenza rappresenta un importante riferimento per i futuri casi di licenziamento disciplinare e per l’interpretazione delle normative relative ai requisiti dimensionali delle imprese estere operanti in Italia.

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