La recente ordinanza della Corte di Cassazione n.18263 del 3 luglio 2024 ha ribadito un principio fondamentale nel diritto del lavoro: il diritto del lavoratore a svolgere la propria prestazione lavorativa durante il periodo di preavviso.
Il caso: Un dirigente, dopo aver rassegnato le dimissioni con preavviso, si è visto negare l’accesso all’azienda e privato degli strumenti di lavoro. Ha quindi risolto il rapporto per giusta causa, chiedendo l’indennità sostitutiva del preavviso e il TFR. La Corte d’Appello di Genova aveva rigettato la sua domanda, ma la Cassazione ha accolto il ricorso.
La decisione della Cassazione: La Suprema Corte ha stabilito che la condotta del datore di lavoro, impedendo al dirigente di svolgere la propria attività durante il preavviso, ha integrato una giusta causa di dimissioni. La Cassazione ha sottolineato che il diritto alla prestazione lavorativa durante il preavviso è un diritto fondamentale del lavoratore, che non può essere compresso se non per gravi motivi.
Implicazioni pratiche: Questa ordinanza ha importanti implicazioni pratiche per datori di lavoro e lavoratori:
- Per i datori di lavoro: È fondamentale rispettare il diritto del lavoratore a svolgere la propria attività durante il preavviso, a meno che non sussistano gravi motivi che lo impediscano. In caso contrario, il lavoratore potrebbe avere diritto a risolvere il rapporto per giusta causa e a ottenere l’indennità sostitutiva del preavviso.
- Per i lavoratori: In caso di dimissioni con preavviso, il lavoratore ha diritto a continuare a lavorare fino alla scadenza del preavviso stesso. Se il datore di lavoro impedisce l’esercizio di questo diritto, il lavoratore può valutare la possibilità di risolvere il rapporto per giusta causa.