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Cassazione: no al trasferimento del lavoratore reintegrato senza prova dell’inutilizzabilità nella sede originaria. Cass. Sez. Lavoro 10.7.2024 n. 18892  

Il caso verte sull’impugnazione di un trasferimento disposto da un’azienda nei confronti di un dipendente a seguito di un licenziamento illegittimo e conseguente ordine di reintegra.

L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale nel diritto del lavoro: il lavoratore illegittimamente licenziato ha diritto a essere reintegrato nel suo posto di lavoro originario. Il datore di lavoro non può trasferirlo arbitrariamente, nemmeno prima della reintegrazione.

Un trasferimento successivo alla reintegra è possibile solo in casi eccezionali, quando il datore di lavoro dimostra l’effettiva inutilizzabilità del lavoratore nella sede originaria. Questa inutilizzabilità deve essere comprovata in modo rigoroso, non potendo il datore di lavoro invocare generiche ragioni organizzative o la sostituzione del lavoratore durante il periodo di illegittima sospensione del rapporto.

La sentenza sottolinea l’importanza della tutela del lavoratore e l’onere probatorio a carico del datore di lavoro. Quest’ultimo deve dimostrare non solo l’esistenza di valide ragioni tecniche, organizzative e produttive per il trasferimento, ma anche l’assoluta impossibilità di ricollocare il lavoratore nella sede originaria.

In sintesi, questa ordinanza rappresenta un importante precedente per la tutela dei lavoratori reintegrati, ribadendo la centralità del diritto alla reintegra nel posto di lavoro e i limiti del potere di trasferimento del datore di lavoro.

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