Il datore di lavoro, per contestare in giudizio l’esattezza della diagnosi formulata nei confronti del lavoratore, contenuta nel certificato medico, non deve proporre una querela di falso. La fede privilegiata di atto pubblico riconosciuta a tale documento non si estende, infatti, ai giudizi valutativi che il medico abbia espresso, in occasione del controllo, circa lo stato di malattia del dipendente e all’impossibilità temporanea della prestazione lavorativa. Tali giudizi, seppur dotati di un elevato grado di attendibilità e, quindi, di una particolare rilevanza sotto il profilo dell’art. 2729 c.c., consentono al giudice di considerare anche elementi probatori di segno contrario acquisiti al processo.