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Appalto – Riassunzione nell’azienda subentrante – Variazione delle condizioni economiche – Applicazione della L. 223/91 – Possibilità di rifiuto del passaggio da parte dei lavoratori (Cass. 9.4.2024 n. 9445)

Contesto e procedura

L’ordinanza della Corte di Cassazione sul ricorso n. 12151-2023, proposto da ALFA S.p.A., riguarda il licenziamento di due operatrici di call center a seguito di un cambio di appalto. La Corte d’Appello di Roma aveva annullato il licenziamento, ordinando la reintegra delle lavoratrici e condannando ALFA al pagamento di un’indennità risarcitoria e al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali.

Inerenza delle condizioni contrattuali

La Corte di Cassazione ha ribadito che le condizioni contrattuali dei lavoratori devono rimanere invariate in caso di cambio di appalto. La Corte ha sottolineato che il principio di invarianza delle condizioni contrattuali è finalizzato a garantire la piena occupazione e il mantenimento del trattamento economico complessivo dei lavoratori. Nel caso in esame, le lavoratrici licenziate non avevano accettato l’offerta di assunzione della società subentrante (ASAP) perché le condizioni proposte erano considerate deteriori rispetto a quelle precedenti.

Principio del contraddittorio e licenziamenti collettivi

La Corte ha affrontato la questione del contraddittorio in relazione alla procedura di licenziamento. ALFA aveva sostenuto che il rifiuto delle lavoratrici di accettare le nuove condizioni contrattuali giustificava il licenziamento senza l’applicazione delle norme sui licenziamenti collettivi. Tuttavia, la Corte ha stabilito che, in assenza di condizioni contrattuali invariate, il rifiuto delle lavoratrici era legittimo e che le norme sui licenziamenti collettivi dovevano essere applicate. La mancata applicazione di tali norme, che richiedono criteri oggettivi e verificabili per la selezione dei lavoratori da licenziare, ha portato alla conferma dell’illegittimità del licenziamento.

Onere della prova e valutazione delle prove

La Corte di Cassazione ha chiarito che l’onere della prova spetta al datore di lavoro, che deve dimostrare la legittimità del licenziamento e la conformità delle condizioni contrattuali proposte ai requisiti di legge. Nel caso specifico, ALFA non è riuscita a dimostrare che le nuove condizioni contrattuali offerte da ASAP rispettassero i parametri di invarianza richiesti dalla normativa. La Corte ha ribadito che la valutazione delle prove è prerogativa del giudice di merito e che non è compito della Cassazione riesaminare tali valutazioni se non in presenza di errori evidenti.

Violazione dei criteri di scelta

La Corte ha ritenuto che la selezione dei lavoratori da licenziare debba essere basata su criteri oggettivi e verificabili, in conformità con il principio di buona fede e correttezza. Nel caso in esame, la selezione operata da ALFA è stata considerata arbitraria e non giustificata da oggettive esigenze aziendali, in quanto non ha tenuto conto delle competenze e della professionalità delle lavoratrici che avrebbero potuto essere impiegate in altri reparti.

Libertà imprenditoriale e tutela del Lavoro

ALFA ha sostenuto che l’imposizione di criteri stringenti per il licenziamento violasse la libertà imprenditoriale. Tuttavia, la Corte ha sottolineato che la tutela del lavoro e la garanzia di condizioni contrattuali invariate sono principi fondamentali del diritto del lavoro, che bilanciano la libertà imprenditoriale con la necessità di proteggere i diritti dei lavoratori.

Conclusioni

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di ALFA S.p.A., confermando l’ordinanza della Corte d’Appello di Roma. La decisione sottolinea l’importanza di garantire la continuità delle condizioni contrattuali in caso di cambio di appalto e la necessità di applicare correttamente le norme sui licenziamenti collettivi. Inoltre, ribadisce che la valutazione delle prove e la selezione dei lavoratori da licenziare devono essere basate su criteri oggettivi e verificabili, in conformità con i principi di buona fede e correttezza.

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