La Corte di Cassazione, nella sentenza 29.2.2024 n. 8921, in relazione alla bancarotta fraudolenta documentale di cui all’art. 216 co. 1 n. 2 del RD 267/42 (oggi confluita, con riguardo alla liquidazione giudiziale, nell’art. 322 co. 1 lett. b) del DLgs. 14/2019), ha precisato, tra l’altro, che la norma richiamata contempla due fattispecie alternative:
– quella di sottrazione, distruzione o falsificazione – quale intervento manipolativo su una realtà contabile già definitivamente formata (cfr. Cass. n. 5081/2020) – dei libri e delle altre scritture contabili, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori;
– quella di tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, che include l’annotazione originaria di dati oggettivamente falsi nella contabilità (cfr. Cass. n. 5081/2020).
Rileva anche la condotta di omessa tenuta dei libri contabili, che deve essere ricondotta nell’alveo di tipicità della prima ipotesi ricordata.
Le condotte riferibili alla prima ipotesi, quindi, richiedono, dal punto di vista dell’elemento soggettivo, il dolo specifico: lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori.
La seconda ipotesi è, invece, connotata, dal punto di vista dell’elemento soggettivo, dal dolo generico.